Il futuro della ricerca scientifica in Italia e la lezione di Covid-19

 

5 maggio 2019 -  La ricerca scientifica è impegnata, con ricercatori ed esperti di medicina, epidemiologia, immunologia, virologia, farmacologia, ma anche fisici, matematici, economisti, e altri ancora, nel comprendere la complessa dinamica della nascita, diffusione e possibile controllo del virus Covid-19. Da questi studi la società auspica che ne derivi prima di tutto un controllo della diffusione, e quindi un intervento diretto sulla situazione attuale, e successivamente un contributo alla produzione di farmaci e alla creazione di vaccini che possano evitare il ripetersi di situazioni analoghe.

In questo difficile contesto, osserviamo come il governo delle nazioni e l’insieme delle società manifestino contributi di altruismo e cooperazione, ma anche di chiusura e competizione. Tuttavia, nel difficile quadro socio-economico in cui ci troviamo, è cresciuta la consapevolezza che la ricerca scientifica può fornire un ruolo fondamentale alla qualità della vita, alla difesa dell’ambiente, alla capacità di creare lavoro e quindi benessere, fino a salvare vite umane. Il Gruppo 2003 ha cercato di difendere in molte sedi il valore della ricerca scientifica e il suo contributo alla crescita delle nazioni e del complesso sistema Europa. Ricordiamo che il Libro Bianco “La ricerca scientifica per una società sostenibile e sicura”, presentato all’Accademia dei Lincei nel 2019, è stato redatto con l’idea che la ricerca scientifica sia una ricchezza da difendere per il bene della nazione.

I governi delle nazioni e anche il governo europeo sono stati colti impreparati di fronte all’eventualità di una pandemia. Abbiamo osservato anche episodi in cui l’evento è stato minimizzato. Ancora oggi osserviamo, a livello europeo, la difesa dell’economia delle singole nazioni e a livello nazionale la difesa di singole imprese in assenza di un piano di sviluppo sostenibile. Tutti, auspichiamo che si esca dal tunnel (Eduardo De Filippo avrebbe detto “Addà passà a nuttata”). A sua volta, il sistema della ricerca è fragile, richiede un forte impegno personale dei ricercatori, ma anche risorse, strutture, semplificazioni amministrative, riconoscimenti del lavoro svolto e meritocrazia. Senza questa cornice il ricercatore perde la passione verso la ricerca o si muove verso quei paesi che consentono di continuare il suo lavoro in condizioni più favorevoli. 

Come sostenere la ricerca?

Si spera che la nottata finisca, ma è giusto chiedersi in che modo il sistema ricerca riprenderà il suo difficile cammino in Italia. Inoltre, ci si chiede come e quali strade prenderà ricerca promossa dalla Commissione Europea. Il Programma Quadro 2021-2027 proseguirà con le stesse linee guida del programma 2020? A livello nazionale il ritorno al passato vorrebbe dire finanziamenti inadeguati e incerti riguardo sia alle cadenze periodiche e sia alla selezione meritocratica. Riprenderà quindi l’esodo di giovani ricercatori verso altre nazioni nelle quali possano svolgere, con i dovuti riconoscimenti, finanziari e scientifici, quelle ricerche che non possono svolgere in Italia? Si indebolirà ulteriormente la ricerca strettamente disciplinare? La ricerca interdisciplinare avrà un futuro? I finanziamenti europei, fra questi i prestigiosi progetti ERC, continueranno a essere assegnati a ricercatori italiani, ma prevalentemente a coloro che hanno scelto di operare all’estero?

In positivo, gli eventi hanno condotto a un riavvicinamento fra il governo del paese e la ricerca scientifica. È apparso infatti che la ricerca scientifica può svolgere un ruolo chiave per uscire dall’attuale emergenza. Tuttavia, un cambio di mentalità appare necessario per contribuire a una svolta significativa. Il sistema delle imprese dovrebbe ulteriormente ampliare l'iniziativa imprenditoriale a sostegno dell'innovazione, motore di competizione internazionale e quindi di sviluppo socio-economico del paese. Gli istituti e le università rivolti alla ricerca dovrebbero, a loro volta, sviluppare la capacità di rinnovarsi e introdurre processi meritocratici, basati anche sul riconoscimento della capacità di individuare tematiche di frontiera che aprano in dialogo fra scienze di base e problemi della Società. Quindi, dovrebbero acquisire la consapevolezza che la ricerca applicata alle volte genera problemi concettuali di grande complessità. 

Le proposte

Dopo questa premessa, entriamo nel merito di alcuni temi che riteniamo importanti. 

Piano nazionale per la ricerca

Il paese ha bisogno di un piano nazionale per la ricerca che si caratterizzi per la capacità di guardare lontano, preveda una pianificazione a livello nazionale ed europeo, e che operi anche come piano di indirizzo per la Commissione Europea.

I temi di sicurezza per la società, da quella climatica, ambientale, sanitaria, alimentare, informatica, delle strutture ed altri, ancora non sono più dei cigni neri, sono diventati una realtà. Investire oggi sulla sicurezza vuol dire non essere costretti domani a sostenere spese insopportabili. Tornando alla questione Covid, in Italia manca un piano della ricerca e la flessibilità necessaria per tenere conto di eventi non previsti. Infatti, mentre in vari paesi europei i piani di ricerca stanno tenendo conto del problema pandemie, in Italia non sono state prese iniziative in tal senso. Inoltre, un progetto nazionale per la ricerca andrebbe portato a livello europeo con la stessa determinazione con la quale il Governo è riuscito a farsi sentire sul tema Covid-19. 

Potenziare investimenti in R&D e infrastrutture strategiche

In questo contesto, la ricerca su virus, farmaci e vaccini va sostenuta non solo finanziariamente, ma anche curando le condizioni di lavoro. Come ci ha segnalato il presidente della Società italiana di virologia Arnaldo Caruso, è evidente il declino sconsiderato della ricerca virologica in epoca pre-Covid-19, e di cui ora ci si rammarica tardivamente, lamentando soprattutto la mancanza di infrastrutture strategiche (laboratori ad alta sicurezza) e di finanziamenti dedicati. Alcune Regioni si stanno già movendo in questa direzione col supporto della Commissione Europea per far ripartire il Paese dopo l'emergenza COVID e, in particolare, sulle nuove iniziative di ricerca.

Sburocratizzazione e accelerazione della ricerca

Nell’attuale situazione di emergenza, sembra importante, per esempio, passare a una sburocratizzazione e accelerazione delle procedure di spesa sia nella ricerca, sia altri settori dell'amministrazione dello stato. Una ricerca pubblica efficiente e veloce (gli ultimi eventi legati alla pandemia lo dimostrano ampiamente) ha bisogno di una forte sburocratizzazione a fronte di una maggiore e più chiara assunzione di responsabilità da parte dei singoli ricercatori. Chi ha necessità di spendere deve poterlo fare velocemente e in modo omogeneo in tutto il comparto, documentando tuttavia in modo chiaro le ragioni dell'urgenza e assumendosi in prima persona responsabilità civili e penali di eventuali errori e/o danni erariali.

Inoltre, i ricercatori necessitano che la normativa sulla sperimentazione animale sia adeguata alla normativa dei paesi europei. Questo tipo di ricerca richiede la massima serenità e concentrazione e non può essere rallentata da ostacoli di vario genere. In particolare, l’invio di minacce anonime a ricercatori ed alle loro famiglie è un atto indegno che va perseguito con dovute indagini ed azioni giudiziarie. 

Meritocrazia e reclutamento

Sono molti i casi in cui si assiste alla migrazione forzata dei ricercatori italiani in altri Paesi per la mancanza di prospettive di crescita e di carriera in patria. 

I risultati relativi all’assegnazione dei finanziamenti ERC a giovani ricercatori ha messo in luce, ancora una volta, il problema della ricerca in Italia. La situazione presenta risvolti preoccupanti al punto che autorevoli scienziati ormai definiscono l’Italia un paese malato per quanto riguarda il sistema ricerca. Il dato statistico che maggiormente risalta è che il numero di ricercatori italiani ai quali è stato assegnato il prestigioso riconoscimento ERC è pari a 48 finanziamenti, quindi un dato confrontabile con i paesi europei maggiormente impegnati nella ricerca scientifica, UK, Germania e Francia. Quindi il sistema Italia ha successo, nonostante le note difficoltà, nella formazione di giovani ricercatori. Purtroppo, invece un dato successivo indica che meno di un terzo di questi opera in Italia, mentre due terzi hanno scelto di lasciare il paese per operare in altre nazioni europee. Altrettanto preoccupante è la scarsa capacità di attrazione di ricercatori stranieri da parte delle istituzioni e imprese italiane. Se esaminano il risultato delle assegnazioni dei grant ERC "consolidator" e "advanced" per ricercatori con maggiore esperienza di ricerca, allora il risultato si presenta disastroso per il sistema Italia. Infatti, il numero di successi si riduce ulteriormente rispetto ai successi per le grant di giovani ricercatori. La spiegazione di questo declino va cercata nella obiettiva difficoltà di sviluppare ricerche altamente competitive con finanziamenti inadeguati.

Come risolvere questo sbilanciamento? È interessante notare come in alcuni paesi europei un giovane che presenti un progetto ERC che riceva una valutazione positiva essendo ammesso al secondo livello di valutazione, riceve comunque un finanziamento a livello nazionale. In Italia questo è avvenuto solo nella prima assegnazione ERC e non è stato più ripreso. Si fa riferimento al progetto IDEAS che fu bandito a seguito del primo call ERC per finanziare qui progetti (in realtà pochi) che avevano superato positivamente la prima valutazione, ma che non erano stati finanziati per mancanza di fondi. È importante studiare forme di sostegno, che altri paesi europei applicano, a progetti presentati, valutati positivamente, ma non finanziati.  

In sintesi: i ricercatori necessitano di certezze e meritocrazia nel reclutamento e nella progressione di carriera. Di mobilità territoriale per inserirsi in gruppi di ricerca coerenti alla propria preparazione culturale. Chiediamo al governo della nazione di rendere possibile questa indispensabile dinamica che vada a sostituirsi alla cooptazione locale di ricercatori che nascono e crescono sempre nello stesso gruppo di ricerca, a promuovere bilanci nei quali la voce di spesa non sia finalizzato prevalentemente alla progressione di carriera, ma anche e soprattutto al reclutamento. Comunque, l’incertezza permanente di una programmazione del reclutamento induce di fatto automatismi di cooptazione.

In sostanza, vorremmo che un ricercatore di elevato valore scientifico abbia le stesse opportunità di reclutamento, progressione di carriera e finanziamento delle proprie ricerche come avverrebbe in molti paesi europei. Questo obiettivo richiede un intervento, non invasivo, ma promozionale, a livello nazionale rispetto alle autonomie locali di università e centri di ricerca.

Difendere la ricerca e diffonderne la comunicazione

L’attuale situazione di crisi ha creato sia nel Governo e sia nei cittadini una maggiore fiducia nel ruolo che la ricerca scientifica può svolgere. Sono state avviate iniziative concrete di collaborazione. Auspichiamo nascano anche risultati concreti nella produzione di farmaci e vaccini. In sostanza, possiamo parlare di un rapporto nuovo e prezioso, da valorizzare e non disperdere al primo orizzonte di sereno. Ricerca e innovazione sono essenziali in Europa per rispondere alle nuove necessità del contesto internazionale. Tra queste, non solo le pandemie, ad esempio, il tema della sicurezza dei cittadini ha assunto negli ultimi anni una particolare rilevanza indotta anche dal mutamento delle forme di radicalizzazione, violenza e terrorismo. La ricerca aiuta a creare nella società fiducia nell’innovazione tecnologica: soluzioni innovative possono mitigare i rischi per la sicurezza in modo più efficace. In questo contesto è importante che si sviluppi un dialogo fra scienza e politica che valorizzi la comunicazione scientifica di alto profilo e marginalizzi la comunicazione di profilo discutibile che, alle volte anche ad arte, fornisce una informazione distorta e quindi non scientifica. 

Agenzia nazionale per la ricerca

Ancora una volta il Gruppo 2003 ribadisce l’importanza di attivare una Agenzia nazionale per la ricerca nel senso inteso dal Gruppo 2003 e quindi di alto profilo scientifico indipendente dal controllo dei gruppi politici e finanziari. L’attuale emergenza e i costi connessi hanno temporaneamente eclissato questo organismo previsto dall’ultima finanziaria. Tuttavia sarebbe urgente riprendere il filo di tale progetto, con l’ambizione di dare ad esse nei prossimi anni un ruolo centrale nel finanziamento basato sul merito e in coerenza con le strategie di ricerca e innovazione individuate dal governo e dal Piano nazionale della ricerca.

Scienza e politica: l’esempio di Scienza in Parlamento

Il Gruppo 2003 è stato fra i promotori dell’iniziativa Scienza In Parlamento, volta a istituire anche in Itlaia un organismo parlamentare dedicato alla consulenza scientifica al servizio del legislatore. Questo è uno dei tanti esempi in cui è urgente che l’Italia si adegui agli standard internazionali nel bisogno di razionalizzare il dialogo fra politica e ricerca in un percorso virtuoso che preveda finanziamenti adeguati ai livelli europei, piano di ricerca coerente alle esigenze del paese e coerente ai piani di sviluppo a livello europeo, certezze di reclutamento e progressione dei giovani ricercatori. 

La collaborazione che il sistema ricerca può dare alla nazione può anche essere contribuire a progettare una visione di un paese più moderno, con maggiore spazio alle tecnologie, comunque compatibili con l’ambiente, nel quale possano operare soggetti con capacità di lavoro altamente qualificata.

In estrema sintesi occorre individuare priorità di ricerca, correzione dei metodi di investimento e recruitment, migliore collegamento tra scienza e politica.

Finita l’emergenza Covid, si apre quindi un processo virtuoso che può portare il paese a un livello di competizione internazionale, e quindi anche di sicurezza e benessere in un ecosistema compatibile? Solo se la risposta a questo quesito è positiva potremo dire che la nottata è davvero finita.

 

Nicola Bellomo e Luca Carra

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